Cambiare linguaggio per volersi bene?

Cambiare linguaggio per volersi bene?

Le parole hanno un peso. Non solo quelle degli altri.

«Il modo in cui ci parliamo, ci rappresentiamo a noi stessi, modella le nostre capacità e influenza il nostro agire», afferma Castiello D’Antonio.

«Se ci dipingiamo come persone fragili, in balia degli eventi, sempre in cerca di una caverna in cui nascondersi dai pericoli, al riparo da situazioni in cui bisogna mettersi alla prova, non andremo da nessuna parte. Al contrario, la capacità di rappresentarsi mentalmente come individui capaci di attrezzarsi, con le proprie abilità e i propri tempi, per fronteggiare le difficoltà e mettersi in gioco, ha un effetto straordinario sulla ripresa personale e professionale».

Bisogna imparare a trattarsi in modo più accogliente, meno critico.

«Non ce la farò mai, non lo merito, non sono all’altezza: molti di noi hanno una vocina interiore che cerca di boicottare», dice Chiara Venturi.

«Ogni volta che le pronunciamo o anche solo le pensiamo, queste frasi autodistruttive diventano nutrimento della nostra disistima. La nostra voce interna giudicante è svalutante perché noi ci conosciamo dall’interno, abbiamo ben presenti i nostri talloni d’Achille. Oppure perché qualcuno si è rivolto a noi così in passato e abbiamo interiorizzato questa voce. Gli altri invece li vediamo da fuori: osserviamo ciò che mostrano, l’apparenza e quindi soprattutto i loro punti di forza, mentre non conosciamo le loro imperfezioni nascoste. Cambiamo registro linguistico: usiamone uno che ci rafforzi, non che ci svaluti.

Proviamo a sostituire “sono sbagliato” con “ho sbagliato”: fa un altro effetto. Chiediamolo a chi ci vuole bene: “Mi sento una nullità perché non riesco a ottenere ciò che vorrei: secondo te, valgo davvero così poco?” Una persona di fiducia è sincera e obiettiva nell’esprimere una valutazione che, sicuramente, è più benevola della nostra, pur non risparmiando critiche costruttive, se servono.

Da alcuni anni si sono diffuse anche nuove pratiche di meditazione che insegnano proprio questa abilità, chiamata “self compassion”: un atteggiamento di accettazione, pazienza e gentilezza verso di sé, benefico soprattutto per chi tende a essere troppo duro e intransigente con se stesso»…

 

Fonte: hai appena letto un estratto da un bel servizio di Roberta Camisasca, tratto da Ok Salute e Benessere, luglio 2021

Foto di chetan kotadiya tratta da Pixabay (libera per usi commerciali)

 

 

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